Avanti un altro; così siamo a tre, e tanti altri arriveranno....
E' il turno di ANDREA SCHIAVI
1 - Hai
lavorato per tanti anni nel settore giovanile di Bluorobica, Varese e ora
Urania Milano; come costruire un buon settore giovanile e cosa non deve mancare?
Per
avere un Settore Giovanile che possa offrire un percorso tecnico di buon
livello, cercando di produrre oltre a ottime persone anche atleti di buona
qualità è indispensabile avere una proprietà lungimirante e appassionata che
abbia la pazienza di costruire bene dalle fasce più basse. Meglio se a capo del
sodalizio ci sono poche persone. Due, massimo tre persone per gestire i vari
aspetti. E’ bene stabilire a priori Mission e obiettivi della Società
dichiarando a tutti (tesserati, genitori, territorio) cosa si vuole fare. In
più ovviamente un territorio di “utenti” significativo per avere un minimo di materiale
umano su cui “lavorare”. Palestre sufficienti per fare 3-4 allenamenti
settimanali. Un Allenatore responsabile e un Preparatore Fisico che possano
tracciare la via e che cerchino di coniugare con sapienza: formazione tecnica,
sviluppo fisico e maturazione psicologica. Poi due-tre allenatori (giovani) e
un accompagnatore per gruppo che possa dare una mano ad organizzare l’attività.
Per ultimo, ma penso che sia la cosa più importante… ci vuole il clima giusto.
Collaborativo, rispettoso, gioviale e intrigante. Un clima positivo capace di
generare legami solidi e produttivi senza gelosie e invidie. Capisco che non
sia poco…
2 - Come
riesci a far capire ai tuoi ragazzi l'importanza di allenarsi sempre al 100%?
Che metodi usi per centrare questo obiettivo?
Non ci
sono surrogati alla motivazione personale e alla voglia individuale di stare in
palestra ad allenarsi con attitudine e volontà. Nella mia esperienza ho visto
ottimi talenti perdersi perché non avevano voglia di fare fatica… come del resto
ho visto ragazzi “normali” farsi un bel mazzo tutti i giorni in palestra a
diventare giocatori di ottimo livello. Chi non si allena (vive) al 100% è già
tagliato fuori a prescindere. Il problema vero nasce quando hai una squadra (o
magari la maggior parte di essa) che non vuole fare fatica. Li iniziano i
problemi e ci vuole pazienza e tempo per cercare di tirare fuori il meglio da
ognuno. Nel recente passato ho allenato squadre con tanti ragazzi di buona
qualità senza una cultura del lavoro e con attitudini sbagliate. E’ stato
veramente difficile entrare nell’intimo di ognuno per motivarli a impegnarsi.
Si può fare qualcosa ma la miccia parte sempre dalle motivazioni personali e da
dentro se stessi. Se non c’è una vera e profonda passione nel vivere il basket,
meglio lasciar perdere. Non tutti diventeranno dei giocatori di serie A, B, C…
ma tutti dovrebbero arrivare al massimo del proprio potenziale, anche se per
qualcuno significa giocare in serie D, o magari iniziare la carriera di
allenatore.
3 - Come
imposti i tuoi allenamenti giornalieri e i tuoi programmi mensili ed annuali;
che aspetti tecnici approfondisci maggiormente?
I
fattori che determinano il piano di allenamento sono: giorno delle settimana (rispetto
alla partita) e numero dei giocatori presenti. Nei giorni più lontano alla
partita si corre molto di più rispetto al giorno pre-gara. Ogni allenamento
dovrebbe avere massimo un idea tecnica-tattico e partendo dal semplice si
dovrebbe arrivare a situazione più complesse, proponendo una attività che possa
essere motivante. Personalmente cerco di fare esercizi non sempre uguali, ma
non sempre diversi; non a scadenza (cronometro) ma da concludere quando serve;
utili all’allenatore per far sperimentare i concetti; ma soprattutto utili ai
giocatori per applicazione e sviluppo della tematica; si possono commettere
errori e la correzione avviene attraverso domande non calando la sapienza
dall’alto. I fondamentali che alleno di più sono il tiro e il passaggio… anche
se nel passato ho allenato (sbagliando) per ore e ore i cambi di mano e il
palleggio. A livello Under 13 devi capire già autonomamente se conviene passare
a destra o a sinistra o se devi tirare, passare o palleggiare. Se impari a 13
anni non sbagli più… se non t’insegnano a quell’età, imparare a 16-17 è un
grande problema.
4 - Il
rapporto allenatore-dirigenti e quello tra allenatore-genitori; è mai stato un
problema e se sì come lo hai risolto?
Il
dirigente perfetto è quello che ti da un compito a settembre e che a giugno ti
dice se hai fatto bene o male. Pur avendo un dialogo costante durante l’anno è
giusto che l’allenatore (che è l’unico che vede tutti i giorni i ragazzi in
palestra) abbia la possibilità di percorrere le strada che vuole e che preferisce
per arrivare all’obiettivo prefissato. Quando c’è troppa ingerenza le cose non
funzionano. Il rapporto con i genitori invece con il passare degli anni l’ho
profondamente modificato. Negli ultimi anni ho cercato sempre di più il dialogo
costruttivo per il bene dei ragazzi. Capire le esigenze delle famiglie è
importante. Definire ad inizio anno obiettivi e strategie con i genitori
risolve già diversi problemi. Ancora di più oggi giorno, dove i genitori sono
sempre più presenti e partecipi dell’attività dei propri figli. Ah un
consiglio, occhio alle mamme avvocato.
5 - La
situazione del basket italiano non è delle più felici; anche a Bergamo e
provincia si sta allo stesso modo?
A
livello alto penso che il cambio di una classe dirigente che ha fatto il
proprio tempo penso sia dovuto. Sul discorso del prodotto dei settori giovanili
in Italia non penso che siamo messi così male e negli ultimi anni gli ottimi
risultati delle nazionali giovanili sono li a dimostrarlo. A livello locale penso
che Bergamo (che da ormai dodici anni è diventata la mia città) rappresenti
ancora di più una splendida oasi felice. C’è ancora grande fermento e il moto
perpetuo che si è creato sulla scia della splendida storia sportiva di
Bluorobica, con la nascita di poli alternativi e altrettanto validi,
rappresenti un valore aggiunto per una città che nel panorama italiano fino a
15 anni fa effettivamente non esisteva. L’unico rammarico personale (già
dichiarato apertamente più volte) è solo quello di non aver visto concretizzare
tutti gli sforzi fatti con una prima squadra della provincia figlia del
progetto per i giovani nato anni fa. Mi sarebbe piaciuto vedere a Treviglio un
quintetto con i ragazzi di Bergamo cresciuti nelle giovanili. Poi però se penso
che grazie al lavoro di Raffaele Martini e di altri miei ex collaboratori
adesso i molti ragazzi di Bergamo (Flaccadori, Savoldelli per partire dai più
giovani ma Planezio, Marulli, Gotti, Tomasini, Carnovali; Tedoldi,
Mazzucchelli, Azzola, Spatti, Franzosi… e tanti altri, giocano in Serie A,
Legadue, DNB… e si stanno divertendo a giocare la loro passione con il nostro marchio
di fabbrica della gioia di giocare che abbiamo sempre cercato di trasmettere,
il mio cuore si rasserena ugualmente e me ne faccio una ragione. Chissà magari
un giorno nel futuro…
6 - Il
livello del settore giovanile a Bergamo: a che punto siamo e cosa faresti per
incrementare la qualità di crescita?
Mi
sembra che Bergamo non si faccia mancare nulla e che la strada sia quella
giusta. Certo è importante continuare a trovare le risorse per non perdere tutto
il lavoro fatto e per non perdere neppure il grande bacino di utenza che il
Minibasket di Bergamo rappresenta. Per incrementare la crescita basterebbero
due palestre in più. Anche a Bergamo, come a Milano del resto, gli enti locali fanno
troppo poco per i giovani e le tante palestre scolastiche, troppo piccole e non
idonee per fare attività sportiva di buon livello sono il più grande scempio
dei nostri tempi.
7 - che
consigli daresti ad un giovane allenatore che ha tutte le intenzioni per
seguire questa difficile strada?
Negli
ultimi anni il percorso formativo dei corsi allenatori si è allungato molto e
ha anche un grado di difficoltà maggiore rispetto al passato. Ai giovani
aspiranti allenatori posso consigliare vivamente di evitare di pensare di poter
vivere facendo “solo” l’allenatore. Sono pochi i fortunati che lo possono fare
e soprattutto l’incertezza regna sovrana a tutti i livelli. Detto questo è
importante andare a vedere gli allenatori più esperti, soprattutto quelli che
allenano le giovanili, magari offrendosi di fare gli assistenti allenatori per
imparare. Lo stage in palestra vedendo tutti i giorni il lavoro sul campo, la
costruzione di una squadra e il relativo miglioramento individuale dei è una
esperienza indispensabile per chi poi vuole proporsi a quel livello.
8 - A
che punto siamo a Bergamo come qualità di allenatori/istruttori?
Pur
essendo ormai cittadino di Bergamo a tutti gli effetti da ormai un po’ di anni
non penso di conoscere così bene la realtà orobica per esprimere giudizi netti
sull’argomento. Quello che ho visto nel passato e che continuo a vedere e che
si è formato un buon gruppetto di giovani (e meno giovani) allenatori che ha
qualità, competenza e grande passione. La cosa non riguarda solo i settori
giovanili che fanno eccellenza, ma penso alle molte realtà (più piccole) che
hanno ottimi allenatori che sanno insegnare il gioco del basket. I risultati
delle giovanili di Bergamo (a tutti i livelli) sono li a dimostrare che la
qualità dell’insegnamento si è alzata davvero tanto rispetto a 10-15 anni fa.
9 -
Infine quale è la motivazione che ti porta a continuare ad allenare a livello giovanile?
Il
Basket prima di tutto è passione. Chi ha dentro di se la passione sa di che
cosa sto parlando. Difficile capire per gli altri. Vado in palestra con l’idea
che possa servire dare l’esempio per rendere delle giovani persone migliori.
Solo a pensare che un ragazzino su dieci può avere bisogno di me per
migliorarsi sarebbe già sufficiente per compiere lo sforzo. In più in maniera
più egoistica, vado in palestra perché rimanere a contatto con i giovani è una
grande linfa vitale che dopo 30 anni di attività ha sempre lo stesso vigore e
la stessa importanza.